Perché scrivo (articolo uscito su Le Parole e le cose)

 

Scrivo perché l’ha deciso mio padre. Ero in seconda media quando lui, attore e autore di teatro e di libri per ragazzi, nato alla fine dell’altro-altro secolo, mi disse: comincia a tenere un diario, s’intende curando la forma, bando alla sciatteria, è un buon esercizio, imparerai due cose che sono il punto di partenza per ogni scrittore, a esprimerti e a dire la verità.

Sul dire la verità ho tuttora dei dubbi, non certo sull’utilità dell’esercizio, ma il chiudermi dentro quei quaderni dov’ero sovrana mi diede ben presto una tale voluttà che per anni e anni quei quaderni — 10.000 pagine, che arrivano al 2002 — assorbirono quasi tutta la mia energia scrittoria.

Non so se abbia un senso ma l’anno scorso ho incaricato un giovane, Dario Di Nunzio, di ricopiarmele. Lui è così contento di questo incarico che nei nostri messaggini ora si firma “Dario dei Diari”. Mi piace: chi lo sa che non passeremo insieme alla storia?

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